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Fra' Diavolo, al secolo Michele Arcangelo Pezza (Itri, 7 aprile 1771 - Napoli, 11 novembre 1806), è una figura molto ambigua della storia italiana, da alcuni considerato un semplice (benché famoso) bandito, da altri un eroe popolare italiano.

La vita

Pezza nasce nel 1771 ad Itri, paesino all'epoca facente parte del Regno di Napoli. Deve il suo doppio nome al fatto di essere stato battezzato nella Chiesa di San Michele Arcangelo, ma fin da bambino Michele Arcangelo Pezza dimostra inclinazioni tutt'altro che angeliche.

Il suo soprannome ha una curiosa genesi. Alla tenera età di cinque anni, una grave malattia mette a serio rischio la sua vita. La madre, Arcangela Matrullo, arriva a chiedere la grazia a San Francesco, facendo voto di vestire suo figlio con un saio da frate qualora fosse guarito. Michele guarisce e la madre mantiene il voto, così da far guadagnare al figlio il soprannome di Fra' Michele. Il piccolo si dimostra però un vero e proprio scalmanato, tanto da farsi affibbiare dal suo maestro il soprannome con cui diventerà poi celebre: Fra' Diavolo.

Una volta cresciuto, il padre manda il giovane Michele a lavorare come apprendista da Mastro Eleuterio, il sellaio del paese. Quest'ultimo, durante un'accesa discussione, un giorno mette le mani addosso al ragazzo, il quale per tutta risposta uccide il mastro sellaio con un grosso ago usato per imbastire le selle. Minacciato dal fratello dell'uomo ucciso, per evitare ritorsioni Michele uccide anche lui, per poi rifugiarsi sui monti di Itri: all'età di 27 anni, Fra' Diavolo è già un pluriomicida.

Nel 1798, l'esercito francese minaccia il Regno di Napoli. Fra' Diavolo coglie la palla al balzo e chiede al Re Ferdinando IV di Borbone (che necessita disperatamente di soldati) di poter commutare la propria condanna per duplice omicidio in 13 anni di servizio militare. Il Re accetta e Pezza, assegnato in origine al Corpo dei Fucilieri di Montagna, entra in realtà a far parte del reggimento della fanteria borbonica. Ma non passa molto tempo che i francesi del generale Jean Étienne Championnet invadono il Regno, sbaragliando l'esercito borbonico: Napoli cade, Re Ferdinando fugge a Palermo e viene costituita la repubblica.

La conquista di Napoli non garantisce però all'esercito napoleonico la conquista di tutto il territorio del Regno, che diventano "proprietà" di ogni sorta di malviventi impegnati sia in azioni criminali, sia di resistenza all'invasore francese.

Fra' Diavolo organizza un manipolo di uomini e si installa nei pressi di Itri. La sua "zona d'azione" è la Via Appia Antica, più precisamente le zone che attraversano le montagne comprese fra la pianura di Fondi e la strada verso Formia. Questa porzione di territorio è sovrastata da un fortino borbonico costruito nel XVI secolo sui resti di antichi templi dedicati ad Apollo e Mercurio. Sarà proprio questo fortino a diventare la roccaforte di Fra' Diavolo, il luogo da cui far partire le scorrerie contro i soldati francesi (e contro le carrozze di passaggio).

Nel 1799, Fra' Diavolo si reca a Napoli per organizzare la riscossa dell'esercito borbonico. Re Ferdinando lo nomina Capitano, mentre la regina Maria Carolina, per mostrargli la propria ammirazione, gli dona una spilla di diamanti. Fra' Diavolo ripaga ampiamente la fiducia concessagli, liberando Napoli dai francesi. Re Ferdinando lo nomina in premio Colonnello, nonché Duca di Cassano e Capo del Distretto di Itri (anche se gli storici sono propensi a credere che tali investiture non furono reali).

Nel 1806, Napoleone Bonaparte fa marciare di nuovo il suo esercito verso Napoli, guidato stavolta dal generale Joseph Léopold Sigisbert Hugo (padre del famoso scrittore francese Victor Hugo). Le resistenze borboniche sono facilmente vinte: Re Ferdinando fugge nuovamente e Giuseppe Bonaparte viene incoronato re di Napoli per volere di Napoleone stesso.

Fra' Diavolo, abbandonato a se stesso, si reca a Sperlonga, confidando nell'aiuto che le flotte inglesi gli hanno promesso. La rivolta che organizza viene però soffocata dalle truppe francesi. Il generale Hugo comincia così la sua lunga caccia al pericoloso bandito: Fra' Diavolo dimostra di essere un valido avversario, utilizzando spesso l'arte del travestimento e della dissimulazione per sfuggire ai controlli dei francesi.

Le truppe francesi però riescono a decimare sempre più i suoi seguaci e a fargli terra bruciata attorno. Alla fine, rimasto praticamente solo, un farmacista di Baronissi lo riconosce e lo denuncia ai francesi, che lo catturano senza problemi.

A mezzogiorno dell'11 novembre 1806, in Piazza del Mercato a Napoli, Fra' Diavolo viene impiccato con l'uniforme di brigadiere dell'esercito borbonico, all'età di 35 anni. Il corpo viene lasciato molte ore bene in vista, come monito alla popolazione.

Opera e Cinema

Nel 1830, il compositore francese Daniel Auber usa la storia del brigante per comporre l'opera-comique Fra' Diavolo, ou L'hôtellerie de Terracine, su libretto di Eugène Scribe e Casimir Delavigne (i quali, ad onor del vero, si prendono molte licenze sulla storia originale). L'opera viene rappresentata per la prima volta il 28 gennaio 1830 all'Opéra Comique di Parigi. Il libretto della versione italiana è tradotto ed adattato da Manfredo Maggioni.

Con gli inizi del XX secolo, anche il cinema si è interessato alla storia del bandito di Itri. Ecco un elenco dei film a lui dedicati:

Fra' Diavolo en la Alameda (1906), di Salvador Toscano (Messico)
Fra' Diavolo (1912), di Alice Guy (USA)
Fra' Diavolo (1924), di Emilio Zeppieri (Italia)
Fra' Diavolo (1925), di Mario Gargiulo e Roberto Roberti (Italia)
Fra' Diavolo (1931), di Mario Bonnard (Francia)
Fra' Diavolo (The Devil's Brother) (1933), di Hal Roach (USA)
Fra' Diavolo (1942), di Luigi Zampa (Italia)
La leggenda di Fra' Diavolo (1962), di Leopoldo Savona (Italia)
I tromboni di Fra' Diavolo (1962), di Giorgio Simonelli (Italia)

Fra i tanti titoli, sicuramente il più famoso è la versione comica del 1933 di Hal Roach, interpretata da Stan Laurel ed Oliver Hardy, con Dennis King nel ruolo di Fra' Diavolo. Il film usa le musiche originali di Auber come colonna sonora e, nella versione italiana, il libretto di Manfredo Maggioni.