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LAMATURE

Acquitrino, luogo fangoso. A Fallo era conosciutissima la località denominata "Lamature di la Fonte". In tale luogo, soprattutto in primavera, a seguito del disgelo, il ruscello che lo attraversava, tracimava, formando appunto una zona fangosa.

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LAMPARUOLE

Piccola lampada, di solito alimentata a petrolio. Fumosa e maleodorante, era molto usata prima che in paese venisse portata l'energia elettrica.

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LECCAMUSSE

Manrovescio. Letteralmente: lecca muso.

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LÈCINE

Susina.

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LÈMMETE

Limite, dosso.

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LÌSCE

Piastrella. A Fallo un tempo si usava iucuà a lìsce (giocare a piastrelle). Il gioco era simile a quello delle bocce: si trattava, infatti, di avvicinare il più possibile la propria piastrella (lìscia, appunto) ad un sasso più o meno rotondo (lu palline). Naturalmente, era importante la destrezza nel lancio della piastrella, ma una cura particolare era messa nella ricerca e nella preparazione della stessa. Essa, infatti, doveva essere non molto leggera, in modo da non permettere all'avversario di smuoverla, ma sufficientemente maneggevole, per consentire al lanciatore di centrare il boccino senza troppa fatica.

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LOTE

Fango. È questo un altro termine derivante dal partenopeo in cui con la parola lota si indica appunto il fango, la melma. Sempre nel napoletano il vocabolo è spesso usato anche per indicare una persona dal discutibile comportamento morale.
Deriva dal latino “lutum” con identici significati.
Modi di dire:

"N'intrà a la case nchi si scarpe vrette di lote" (non entrare in casa con codeste scarpe sporche di fango).

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LUACCE

Sedano. È un termine dall’etimologia piuttosto complessa. Una parola simile la troviamo nel dialetto siciliano dove l’ortaggio in questione è chiamato "accia".
Sembra che quest’ultimo termine derivi a sua volta da appio (dal latino apium che vuol dire appunto sedano).
Probabilmente la trasformazione da appio ad accia è avvenuta nel corso degli anni e nel nostro dialetto è approdato come lo conosciamo ora dopo essere passato per l’idioma partenopeo in cui l’ortaggio è chiamato "laccia".
A proposito del sedano, una nostra compaesana, anni fa, raccontava il seguente aneddoto.
Dovendosi trasferire da Fallo a Napoli la donna era preoccupata di non essere in grado, una volta trovatasi nella città partenopea, a esprimersi in italiano e si diede quindi a imparare tutta una serie di termini di uso comune. Tra le varie parole c’era, appunto, anche “lu luacce” che tradotto in italiano diventava sedano.
Il primo giorno in cui si recò a fare la spesa al mercato chiese al fruttivendolo di darle anche un po’ dell’ortaggio in questione. L’uomo la guardò stupito e chiese nuovamente cosa gli aveva chiesto. Nuovamente la nostra compaesana ripeté che voleva del sedano. Il commerciante la guardò e, in dialetto napoletano, le disse che lui non aveva la merce che gli stava chiedendo.
La donna allora indicò una cassetta in cui erano poste in bella mostra una decina di coste di sedano.
All’uomo si illuminò il viso e, rivolgendo alla donna un largo sorriso, disse: “Ah! Vui vulite la lacce?
La nostra compaesana comprese, comprò “la lacce” e la sera, dopo aver raccontato tutto al marito, concluse: “I nin li sapeve ca a Nàpele lu luacce è fèmmine!”.

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LUCEGNE

Orbettino (anguis fragilis). Sauro (o lacertide) della famiglia degli anguidi con corpo cilindrico e allungato, privo di arti. Di colore generalmente non appariscente, si nutre di piccoli animali. È innocuo e facilmente scambiato per serpente dal quale si distingue perché ha palpebre mobili.

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LUCIÀCAPPÈLLE

Lucciola.

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LUVINE

Semi di alcuni tipi di frutti come ad esempio: li luvine di chicocce (i semi di zucca) e li luvine di pimmadore (i semi di pomodoro). Il termine deriva chiaramente da lupino, pianta annuale che produce i famosi semi commestibili. Non è dato sapere il motivo per cui il seme di tale pianta e quello delle altre già citate siano stati associati, sicuramente però il lupino ed il seme di zucca sono molto più sfiziosi da mangiare rispetto a quello del pomodoro.
Modi di dire:

So’ accattate cierte pimmadore, ma nin è bbuone pi niente: è chiene di luvine” (ho comprato alcuni pomodori, ma non sono per nulla buoni: sono pieni di semi).

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