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TACCARELLE

Piccolo pezzo di tavola. A prima vista, il termine sembrerebbe derivare dall’italiano "tacca", ma il dizionario etimologico non fa nessun riferimento a tale vocabolo nel senso inteso nel nostro dialetto. Il lemma tacca, infatti, è riferito sia ad un piccolo segno, sia ad una piccola macchia, da cui deriva poi intaccato.
Un interessante riferimento lo troviamo invece nel dialetto partenopeo dove il verbo "taccarià" significa tagliuzzare ed è probabilmente proprio da tale verbo che deriva il vocabolo in questione.
A Napoli si è soliti definire Abate Taccarella una mala lingua, chi sparla degli altri e che, quindi taglia gli abiti addosso alle persone.

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TALUORNE

Cosa noiosa e ripetitiva. Alcuni fanno derivare questo termine dal latino tal-urnus: ripetizione, altri l’associano invece all’antica voce, ormai non più utilizzata, di latorno: lamento reiterato, ripetizione noiosa. Quest’ultima ipotesi suppone che la parola, nella vicina Puglia, si fosse in seguito trasformata da latorno a latuorno e che indicasse il lamento funebre delle donne.
Comunque, nel dialetto partenopeo tanto simile al nostro, il termine indica, appunto, qualcosa di monotono. Lo stesso modo di dire “ogni iuorne è taluorne” (ogni giorno è una noiosa ripetizione) è di origine napoletana.

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TANIMENDE O TARIMMENDE

Guarda un po'. Probabile contrazione e storpiatura della frase "tieni a mente". Come a dire "ricordati di quello che hai visto o che hai sentito ché è molto strano". Di solito la locuzione è utilizzata quando, chi ascolta un discorso, vuole sottolineare la propria meraviglia per quello che sta sentendo. Questo tipo di esclamazioni è molto comune nel nostro dialetto, basti pensare al termine "arivò!" che tradotto letteralmente vuol dire "voltati (ed ascolta con attenzione)" usato generalmente come imperativo o minaccia verso chi si ostina a non volerci dare ascolto. È, infatti, tipica la frase rivolta ai ragazzini: "Arivò, nin ti move da la case!" (bada a te, non muoverti da casa!).

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TATÀ

Padre. Termine, ormai quasi in disuso, derivante direttamente dal rumeno, con identico significato. Taluni ipotizzano che provenga dal sanscrito "dada", ma, in questo caso, con riferimento ad un insegnante, ad un educatore. Forse dalla stessa parola potrebbe derivare anche tata, lemma con cui si indica la bambinaia, cioè una madre putativa.

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TATONE

Nonno. Parola di probabile origine turca.

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TINIECCE

Tino.

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TITICÒ

Solletico.

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TÒTERE

Parte interna della pannocchia del granturco. La parola deriva dal termine italiano "tùtolo" (direttamente dal latino tùtulus) che indica l'asse spugnoso sul quale sono inseriti i grani del mais. Alludendo all'inutilità di questa parte della pianta, il termine "tòtere" viene anche usato per indicare ironicamente una persona insulsa o la cui presenza sia inopportuna (vedi nei Modi di dire ). I più "datati" ricorderanno certamente che le ristrettezze economiche dei tempi passati inducevano molte famiglie a "fabbricare" in casa i materassi su cui riposare la notte. Questi giacigli "fai da te" prevedevano l'impiego della "veste" (le lunghe foglie che racchiudono la pannocchia) con la quale venivano riempiti grossi sacchi di tela di forma più o meno rettangolare (a guisa di materasso, appunto). Non era raro che il fogliame, recuperato nel corso dell'operazione di pulitura del granturco, nascondesse qualche "tòtere" sfuggito al controllo. Avveniva così che il sonno di molti, già disturbato dal crepitio del fogliame rinsecchito contenuto nel "materasso", venisse bruscamente interrotto dalla dura pressione di qualche "tòtere" finito per sbaglio nel "materiale di imbottitura" e che rivelava la sua presenza insinuandosi fra le costole o dietro la schiena. Modi di dire:

"Quanna luvive la veste, truvive sole lu tòtere! " (quando tolsi le foglie (della pannocchia) trovai solo il tùtolo -e nessun chicco di mais.-);

"Ti turcesse lu cuolle gnè nu tòtere.!" (ti torcerei il collo come si fa con il tùtolo: nell'espressione si allude all'operazione di "sgranatura" della pannocchia che si effettuava, appunto, torcendone il tùtolo affinché si staccassero i chicchi in esso contenuti);

"Stà sempre mmiezze gnè nu tòtere!" (sta sempre in mezzo come un torsolo inutile);

"Ci stave pure culle tòtere di mariteme.!" (c'era anche quel buono a nulla di mio marito).

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TRAGNE

Secchio. Veramente singolare (e complessa) l'origine di questa parola che va ricercata nella vicina Puglia.
In particolare, nella provincia di Brindisi, con il termine "tiragno" si identificava un contenitore di tela grossa utilizzato per attingere l'acqua dal pozzo. La particolarità consisteva nel fatto che solitamente i contenitori erano due (diventando così "tiragni") ed erano legati insieme da una fune che scorreva su una ruota posta in cima al pozzo. I due contenitori venivano calati nel pozzo tramite la corda e poi "tirati" fuori pieni d'acqua.
Il vocabolo dilettale pugliese deriva quindi dal verbo tirare e "lu tragne" abruzzese è soltanto una storpiatura del termine originale. Modi di dire:

"Vale mene di nu tragne ciavucuate." (è meno utile di un secchio bucato).

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TRAPPITE

Frantoio. Deriva direttamente dal termine latino trapetus (frantoio, torchio). La parola latina si riferiva essenzialmente al torchio ipogeo (dal greco ypogaion: ypo = sotto e gaia = terra) posto cioè sottoterra. Che poi i nostri frantoi (o meglio "trappite") si trovassero quasi tutti a livello del terreno è un fatto irrilevante. Modi di dire:

"Tiè la giacchette tutta onte. Pare ca si state a nu trappite!" (hai la giacca tutta unta. Sembra che sei stato dentro un frantoio!)

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TRECCALLE

Indica una minima quantità. Il Trecalle era una moneta di rame pari ad un quarto di Tornese. Quest'ultima moneta era diffusa in tutta Europa ed era conosciuta nel sud d'Italia soprattutto con il nome di Tornese Napoletano. Fu emessa dagli Aragona alla metà del XV secolo e battuta fino al 1861 da molte zecche del regno: Barletta, Gaeta, Capua, Cosenza, Isernia, Lecce etc. Il sistema completo era così articolato:

1 ducato = 5 tarì;
1 tarì = 2 carlini;
1 carlino = 10 grana;
1 grano = 2 tornesi;
1 tornese = 6 cavalli.

Come si può quindi notare il Tornese era già di per sé una moneta di scarso valore, il Trecalle, essendo un sottomultiplo del Tornese, doveva valere veramente poco, da qui il termine dialettale. Modi di dire:

"Nin vale nu treccalle spare" (non vale Trecalle dispari, è una cosa di pochissimo valore);
"Mi so jute a ccattà tre calle di magniè" (sono andato a comperarmi due cose da mangiare).
     
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TRÙFELE

Contenitore di coccio con due manici. Di modeste dimensioni, era usato per portare da bere a chi lavorava nei campi. Completamente chiuso e con tre fori in cima, era dotato di altrettanti beccucci per consentire una più facile fuoriuscita del liquido.
Il termine dialettale di tale oggetto potrebbe essere ricondotto all'italiano "turibolo" (in latino, "thuribulum") più conosciuto con il nome di incensiere. Com’è noto, tale oggetto è usato come contenitore per bruciare i grani d’incenso durante le cerimonie religiose. Il suo aspetto è molto simile a quello del nostro “trùfele” e forse proprio per questo, il termine, passando attraverso una serie di variazioni “idiomatiche” ha assunto l’attuale nome.

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TRUOCCHE

Truogolo. Sono diverse le lingue da cui potrebbe deriva questo termine dialettale. La parola “troc” la troviamo, infatti, sia nel rumeno, sia nell’antico francese, ma lo stesso lemma truogolo, è un diminutivo di “trogo” che nasce dall’antico tedesco “trog”.
Qualunque sia la sua derivazione, nella sua descrizione il dizionario etimologico è molto chiaro: si tratta di un contenitore utilizzato sia per il mangime degli animali, sia per l’acqua. Nel nostro paese aveva un riferimento specifico nella mangiatoia del maiale (lu truocche di lu puorche).

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TUOSCHE

Veleno. La parola dialettale deriva dall’italiano tossico o tosco. Il dizionario etimologico così spiega l’origine di quest’ultimo termine: …da tox–on (arco, freccia) da cui toxi-con che attiene all’arco, alla freccia motivata dall’uso di avvelenare le frecce. Anzi qualcuno sempre in quest’ordine d’idea ritiene sia detto per taxicum da tasso, specie d’albero a cui gli antichi attribuivano qualità mortifere, o perché destinato ad avvelenare le saette che si facevano di legno di tasso.
Un riferimento a “lu tuosche” lo troviamo tra gli “Aneddoti” di questo sito nell’episodio di “Tonio” (Ntuone).

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TUPANARE

Talpa.

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TUPPE

Crocchia, chignon. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il termine deriva direttamente dalla parola italiana "tuppo" con la medesima accezione. Tale parola non è molto utilizzata nella lingua italiana corrente preferendo ad essa il termine crocchia o, appunto, chignon, ma "tuppo" è comunque un vocabolo derivante dal francese toupet.
Modi di dire:

"M’era misse la pittinesse pi regge lu tuppe, ma la so pirdute" (avevo messo la “pettinessa” a reggere lo chignon, ma l’ho persa).

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