LA PRIMA MOGLIE DI L'UFFICIE!!
Nel giorno del Venerdì Santo, è consuetudine manifestare il lutto per la morte del Cristo con un anomalo silenzio delle campane. Contrariamente alla norma, infatti, esse non vengono usate neppure per diffondere i tradizionali "accenni" che preludono all'inizio delle funzioni religiose. E' questo il periodo in cui "z'attacche li campane" (si legano le campane) e tale situazione permane fino alla mezzanotte del sabato quando, infine, "z'ariscioglie la glorie" (si slega la Gloria).

E' opportuno ricordare che gli "accenni" sono costituiti da tre festose scampanate di media durata intervallate fra loro da qualche minuto di pausa: al termine del terzo "accenno" ha inizio la funzione. Quando "accenne la Messe", quindi, i fedeli si organizzano per raggiungere in tempo la Chiesa (entro la terza scampanata) e seguire la Messa. A Fallo, per richiamare i fedeli in chiesa, le campane erano sostituite da un gruppo di ragazzi che, girando per il paese, suonavano le cosiddette "cicare" (letteralmente: cicale).

Tali strumenti idiofoni, chiamati in italiano "raganelle", riproducono un suono simile al gracidio delle rane, da cui il loro nome. Essi sono costituiti da una ruota di legno dentata e montata su di un perno che serve da manico. Agitando il manico, la ruota gira e, strisciando contro una lamina di legno o metallo, produce il caratteristico suono. Generalmente le "raganelle" in uso a Fallo erano costruite in maniera artigianale, ma erano molto funzionali ed assolvevano pienamente il compito per il quale erano state realizzate.

I ragazzi preposti a sostituire il suono delle campane facevano quindi tre volte il giro del paese suonando "li cicare" e urlando a squarciagola "la prima volte di l'ufficie" (la prima volte dell' ufficio), "la seconda volte di l'ufficie", eccetera. Questo tipo d'incombenza era tramandato da generazione in generazione ed i più grandi "investivano" i più piccoli acconsentendo affinché li sostituissero nell'adunare i fedeli per la funzione.
Spesso però il "passaggio di consegne" non avveniva con la dovuta attenzione. Solitamente lo stuolo urlante era guidato da un "capo banda", ma i meno esperti sovente prendevano iniziative errate, sbagliando i tempi e la frase di rito.

Ne è un esempio la proposizione sopraccitata che da "la prima volte dell'ufficio", divenne per un errore del "capo" che forse non conosceva neanche il senso della locuzione, "la prima moglie di l'ufficie".

È necessario a questo punto una precisazione: a Fallo il termine generico "ufficie" è l'abbreviazione della parola"ufficiale"che, per errata traslazione, viene usata come sinonimo di "impiegato". Secondo tale regola, quindi, l'impiegato della posta diventa "ufficiale postale" o, meglio, "ufficie pustale" creando così una tremenda confusione tra l'edificio vero e proprio e la persona preposta ad assistere il pubblico.

La frase rimase celebre perché nel periodo in cui si svolse il fatto, nell'ufficio postale di Fallo lavorava un impiegato, il quale, rimasto vedovo, si era risposato da poco con una donna di un paese vicino.

Immaginate, infatti, la reazione della gente comune e soprattutto dei buontemponi, quando una masnada di ragazzini urlanti annunciava a suon di raganelle che erano in arrivo la prima moglie dell'impiegato postale (ormai deceduta), la seconda moglie (fresca d'altare) ed infine anche una terza (ancora inesistente).
 
GNA' DICETTE CULLE...