LA BOTTE
 

Quell'anno la vendemmia era stata particolarmente abbondante ed il vino prometteva d'essere buono. Contrariamente al solito i contadini erano soddisfatti. Anche noi avevamo fatto un'ottima raccolta dell'uva al punto che, non avendo più posto dove mettere il vino, eravamo stati costretti a portarne una parte nella cantina dei miei genitori.

Mio padre, possessore di molto terreno e di una delle case più grandi di Fallo, era anche conosciuto per essere un epicureo dedito alla buona tavola ed al buon vino. Mia madre mal sopportava questi suoi atteggiamenti e, molto spesso, in casa si erano avute delle serie discussioni in merito. Tali discussioni terminavano di solito sempre con la stessa flemmatica frase di mio padre: - Chi vvù fà, io son fatto così! - lasciando mia madre sconcertata e rassegnata.

Nonostante ciò la famiglia era unita, come lo era un po' tutto il paese dove, in caso di necessità, trovavi sempre qualcuno disposto a darti una mano. Nel mio caso l'aiuto consistette appunto nell'autorizzazione a riempire una piccola botte della cantina dei miei con il vino in eccedenza che non sapevamo dove mettere. La botte era buona, ben stagionata ed aveva sempre tenuto fede nel suo impegno di "botte piccola, vino buono".

A vendemmia ed a fermentazione terminata, la botticella fu chiusa ermeticamente dall'alto in modo da consentire al vino una buona stagionatura. Come già detto, la natura quell'anno era stata benevola e il vino era talmente tanto che, al momento opportuno, mio marito ed io decidemmo di vendere il contenuto della piccola botte rimasta nella cantina dei miei. L'acquirente fu subito trovato: era un lontano parente di famiglia (compare di mio padre) che, presosi l'onere di "svinare", andò a travasare il vino seguito dalla sottoscritta. Fu applicato il rubinetto alla botte e spillato il primo boccale di vino: era veramente buono!

Proprio mentre il compratore stava tessendo le lodi di quel nettare degli dei, passò davanti alla cantina mio padre che, con fare quasi furtivo, prese la via delle scale per rientrare in casa. Il compare lo chiamò - Compare, compare, vieni ad assaggiare quanto è buono il vino di tua figlia! (Cumpà, cumpà, viè a assaggià quant'è buone lu vine di fìgliete!) - ma, stranamente il genitore respinse ogni invito al bere. Il compare, lodando la bontà del vino, insistette tanto che finalmente mio padre n'assaggiò un bicchiere. Lo guardò controluce, lo sorseggiò con calma come farebbe un vero sommelier ed infine sentenziò: - Sa di basso! - - No, compare, non può sapere di basso, la botte è stata appena aperta! (None, cumpà, nin po' sapè di vasse, la votte la seme aperte mò!)- Rispose il compratore meravigliato da quell'inatteso giudizio. Mio padre assaggiò un altro sorso di vino, mi restituì il bicchiere, farfugliò ancora qualcosa, quindi uscì dalla cantina e s'infilò in casa. Il compare con un'espressione meravigliata sul viso tornò a spillare il vino dalla botte o, meglio, cercò di spillare altro vino, perché dopo un po' il liquido cessò di fluire.

Pensammo ad un'ostruzione temporanea, muovemmo la botte, la reclinammo, ma nulla: il vino che ne fuoriusciva era sempre di meno e sempre più torbido. Decidemmo allora di scoperchiare la botte e (sorpresa!) era quasi vuota. Dove era finito tutto il vino? La chiusura era apparentemente intatta, il rubinetto lo avevamo aperto noi per primi, perdite non ce n'erano altrimenti ce ne saremmo accorti. e allora?!

Il mistero fu svelato da mia madre quando, raccontatole l'accaduto, mise alle strette mio padre. Quest'ultimo all'inizio negò, poi ammise di essere stato lui a svuotare la botte. Disse che per spillare il vino l'aveva aperta da sopra usando l'accortezza di richiuderla senza lasciare la minima traccia dell'effrazione. Ammise di averlo fatto soltanto per assaggiare il vino e che poi probabilmente si era fatto prendere la mano. Concluse che, come se questa fosse una giustificazione, effettivamente il vino era ottimo.

Naturalmente l'affare con il compare sfumò e noi, che avevamo fatto affidamento sul ricavato della vendita del vino, ci trovammo in difficoltà. Mio padre inizialmente si rifiutò di restituirci il maltolto, ma poi, dietro pressione di mia madre e molto a malincuore, si decise a renderci se non i soldi, almeno il vino che, ovviamente, non era della stessa qualità di quello della botte piccola. Per un po' di tempo i rapporti con mio padre si mantennero tesi. Ma quelli erano tempi in cui la solidarietà era base della sopravvivenza e ben presto ogni divergenza si appianò e dell'episodio nessuno parlò più.

La botte continuò ad essere utilizzata ancora per anni, poi venne usata per alimentare il fuoco del camino e, quando la ruppero, mi dispiacque perché era l'unica che, a mia memoria, aveva confermato il detto "nella botta piccola c'è sempre il vino buono!".

 
LO SPAZIO DI TUTTI