UN CASO DI CRONACA
 
Qualche tempo fa, parlando con un compaesano, costatammo come nel nostro paese, nonostante le sue piccole dimensioni, non siano mai mancati casi di cronaca piuttosto rilevanti. Da tale osservazione scaturì la curiosità di avere maggiori dettagli su un caso di cui avevo avuto soltanto pochi particolari. Devo ammettere che l'indagine fu piuttosto facile perché molte delle persone più anziane ricordavano l'episodio in maniera piuttosto chiara.
La vicenda che segue mi è stata raccontata da una delle persone che all'epoca dei fatti fu coinvolta quasi direttamente al caso perché sua madre fu una delle prime persone informate sull'accaduto. Il personaggio al centro della storia nonché vittima della vicenda è una certa "Ddoralisce" (Dora Alice) che mise fine alla sua esistenza annegandosi nel fiume Sangro.
L'episodio maturò in un ambiente non propriamente sano: la povertà, la situazione di degrado in cui versava il nucleo familiare e la scarsa capacità del capo famiglia di gestire tali situazioni contribuì in maniera rilevante allo svolgersi del doloroso evento.
La famiglia era, infatti, indigente, ma come tutti i nuclei famigliari di allora era proprietaria di un certo numero d'appezzamenti di terreno molti dei quali incolti, un po' perché avari di risorse, un po' perché il capo famiglia se ne interessava poco. L'unico di questi appezzamenti particolarmente ricco e su cui la donna di casa (Dora Alice, appunto) aveva quasi investito il futuro suo e del suo unico figlio, era quello che si trovava in località "Ruvicate". Più di una volta il marito aveva proposto di vendere tale terreno, ma la donna aveva sempre rifiutato soprattutto perché l'appezzamento le era stato lasciato in eredità dal padre. La vicenda era causa di frequenti litigi in famiglia e la donna, esasperata, aveva minacciato di "minàreze pi lu flume" (letteralmente: gettarsi nel fiume) se il marito avesse venduto l'unico mezzo di sostentamento della casa.
Purtroppo un giorno, invece, l'irreparabile avvenne ed il consorte tornò a casa annunciando che aveva ceduto il terreno in questione ad un prezzo che alla moglie, tra l'altro, era sembrato troppo basso. Ne seguì un furibondo litigio alla conclusione del quale Dora Alice uscì da casa urlando al marito che avrebbe messo in atto il gesto che per tanto tempo aveva soltanto minacciato di attuare. Il coniuge, avvezzo com'era a sentirsi ripetere quella tiritera, non si preoccupò per nulla delle minacce della moglie, finché, a sera tarda, non vedendola tornare a casa, si recò presso l'abitazione di una conoscente per chiedere consiglio.
A questo punto della vicenda si inserisce la scena tragicomica tra il marito di Dora Alice e la vicina di casa (che è poi la madre di chi mi ha raccontato il fatto). L'uomo, infatti, in preda ad una forte agitazione, piombò in casa della donna e, dopo aver fatto un rapido racconto dell'accaduto, iniziò con gesti ripetitivi a slacciarsi e riabbottonarsi la camicia, a tirarsi su i calzoni ed a ripetere ossessivamente: "E mò com'eja fa'? Ddoralisce, Ddoraliscella me!" (Ed ora come devo fare? Mia piccola Dora Alice!).
La donna, preoccupata per le condizioni psichiche dell'uomo, ma soprattutto per la situazione piuttosto imbarazzante che si era venuta a creare, riusciva soltanto a ripetere: "None, none, cumpà, nin ti spugliè, vite ca mò Ddoralisce arivè a la case!" (No, no, compare, non ti spogliare, vedrai che ora Dora Alice torna a casa!).
Nel frattempo qualcuno di ritorno dai campi aveva visto il corpo di una donna che affiorava dal fiume e, tornato in paese, aveva dato l'allarme. Non ci volle molto ad accertare che si trattava proprio di Dora Alice ed attivare quindi tutte le procedure del caso.
Pare che furono tanti i testimoni oculari o presunti tali che assistettero a tutte le operazioni svolte per riportare la salma in paese e noi non stentiamo a crederlo, ma preferiamo, per ovvi motivi, non riferire qui i particolari raccapriccianti che la maggior parte di loro raccontò.
Certamente avremmo preferito che Dora Alice fosse rimasta nei pensieri e nei racconti dei nostri compaesani per altri motivi e non per questo tristissimo fatto di cronaca.
 
LO SPAZIO DI TUTTI