UNA TURISTA
 
La storia che segue è piuttosto recente (siamo nel 2004). Ci è stata narrata da uno dei nostri paesani da molti anni residente a Firenze dove conduce una fiorente attività nel campo della ristorazione.
Come gestore di tale attività viene, ovviamente, in contatto con molti dei turisti, anche di oltre Oceano, che visitano l'Italia e che transitano per Firenze. Per motivi organizzativi, nel caso dell'arrivo di viaggiatori nel suo locale, fa stilare un elenco con i nomi e i cognomi dei componenti il gruppo.
Un giorno che, come al solito, all'arrivo di alcuni turisti americani stava scorrendo la lista dei nomi, fu colpito dalla presenza in essa di un cognome a lui troppo familiare per essere ignorato: Catinella.
Senz'altro la curiosità, ma certamente ancora di più il sentimento che sempre si prova davanti a qualcosa che ci ricorda le nostre origini, lo spinsero a cercare di scoprire con il dovuto tatto e discrezione quale viso si celasse dietro quel nome per lui così comune.
Si trattava di una donna che, avvicinata con le dovute maniere, affermò di essere d'origini abruzzesi e di conoscere il nostro paese perché vi si era recata recentemente.Interrogata su tale viaggio la signora si mostrò piuttosto turbata e narrò con non poco rammarico l'avventura capitatale per l'occasione.
Tutto era nato dallo stimolo emotivo di andare a ricercare il luogo di origine delle sue radici e dalla curiosità di conoscere quel paese di cui aveva tanto sentito parlare ma che non aveva mai avuto il modo di visitare.
Probabilmente se avesse preso qualche informazione in più su quelle che erano e che sono tuttora le condizioni di trasporto pubblico e di ricettività alberghiera del nostro paese, certamente non avrebbe affrontato un viaggio che ben presto per lei si era trasformato in una vera e propria avventura.
La scarsa conoscenza della lingua aveva contribuito a complicare ancora di più una situazione di disagio divenuta poi sempre più insostenibile man mano che si avvicinava alla meta.
Nel racconto accorato delle varie peripezie subite a causa dei continui cambi dei mezzi di trasporto, tratteneva a stento le lacrime e narrava in maniera ancora più angosciata il momento in cui, giunta sulla Piazza Quattro Novembre, era scesa dall'autobus.
Capitata a Fallo in un periodo dell'anno in cui probabilmente non c'era quasi nessuno, la protagonista della nostra storia si era trovata da sola ed ad ora tarda sulla piazza del paese senza sapere cosa fare né a chi rivolgersi con l'aggravante di doversi esprimere in una lingua che certamente nessuno del posto conosceva.
L'autista dell'autobus vedendola quasi in lacrime, aveva cercato in qualche modo di aiutarla, ma siccome è solitamente già difficile fare coraggio a chi parla la nostra lingua, immaginate in quale difficoltà si era venuto a trovare il brav'uomo nel dover confortare chi lo comprendeva punto o poco.
Fortunatamente nel nostro paese, come in ogni piccolo centro, tutti conoscono tutti e la piazza è uno dei punti di maggior transito: per questo, proprio quando l'autista stava ormai per abbandonare la donna al suo destino, capitò di passaggio una persona che, messa la corrente della situazione, si attivò per risolvere il problema. Fu chiamato un nostro compaesano che, avendo vissuto molto tempo all'estero, conosceva bene la lingua inglese e l'incresciosa situazione fu ben presto risolta.
Il racconto della donna finiva a questo punto, ma era tanto il suo disappunto che quasi le era faticoso parlarne. Naturalmente al racconto seguirono una serie di spiegazioni sulla famiglia cui la donna apparteneva, su dove avesse alloggiato e su chi l'avesse aiutata nei giorni a seguire fino a farla ricongiungere nuovamente con il gruppo di turisti cui faceva parte, ma ciò che più lasciò stupefatto il narratore della storia fu il modo con cui la protagonista aveva descritto tutta la vicenda.
Nonostante la disavventura capitatagli sembrava soddisfatta per avere potuto, anche se per poco tempo, riavvicinarsi alla sua terra d'origine e ritrovare le sue radici.
 
LO SPAZIO DI TUTTI