DA FALLO A FILADELFIA E RITORNO

ULTIMA PARTE

È stato proprio qui che Di Vito ha fatto la sua fortuna ascendendo fino al grado di direttore con 900 dipendenti sotto il suo coordinamento.
Il Bellevue Stratford divenne il centro culturale e di insegnamento per di Di Vito: qui egli imparò i comportamenti, la vita sociale e tutto ciò che gli sarebbe poi servito per il resto della sua vita.
Il successo professionale di Di Vito non è dovuto soltanto al suo talento naturale ed alla sua cultura di fondo, ma anche alle lezioni imparate nel suo ambiente adottivo. Senza la sua industriosità, la sua motivazione e la sua capacità innata di confrontarsi con gli altri, Di Vito non avrebbe mai ottenuto l'ammirazione e la lealtà né dei suoi colleghi dell'hotel né dei suoi ospiti dell'élite di Filadelfia.
Oltre alla propria forza di carattere, l'eredità culturale e familiare di Di Vito giocarono un ruolo importante nella storia di questo successo.
L'area di Fallo è nota per la formazione di ristoratori e di direttori d'albergo e per la presenza in zona di una delle migliori scuole di cucina: la Scuola Alberghiera "Maestri di Ristoro" si trova a Villa Santa Maria, la più grande cittadina vicina a Fallo. Nella zona del Chietino, l'ospitalità è sentita come una grande arte e l'intenso orgoglio e l'abilità di Di Vito come maitre d'Hotel può certamente essere in parte attribuita a questa eredità regionale.
 
Basilare per il successo di Di Vito fu certamente la cura nella ricerca di un'immagine pubblica impeccabile: qualcuno lo ha definito addirittura raffinato, un modo di vestire ad abiti vivaci e un portamento dignitoso hanno avuto l'effetto di far passare in secondo piano la sua bassa statura. Questo personaggio pubblico forse si riassume bene nel termine che si è trasformato nel leitmotif di tutte le interviste che ho tenuto con le conoscenze e le parentele di Di Vito: gentiluomo.
Il suo inglese era perfetto e il suo modo di fare avvincente gli faceva guadagnare l'affetto e la fiducia di tutti i suoi clienti. Di conseguenza, Di Vito divenne il destinatario dei suggerimenti dei migliori investimenti da parte dei finanzieri che frequentavano il Bellevue Stratford e grazie a questa sua conoscenza egli fu in grado di crearsi un proprio portafoglio azionario che lo rese, infine, milionario.
Come centro della vita sociale di Filadelfia nel l930, il Bellevue Stratford ha ospitato non solo tutte le celebrità locali ma anche chiunque, di importanza nazionale o internazionale, fosse di passaggio nella la città. Di Vito aggiunse così all'elenco delle sue conoscenze, che già comprendeva Walter Annenberg, nomi come il Governatore della Pennsylvania James Duff, il Senatore Hugh Scott, Bishop J. Fulton Sheen, Franklin e Eleanor Roosevelt, Harry Truman e Dwight D. Eisenhower.
Sebbene Di Vito si fosse ritirato dal Bellevue Stratford nel l950, egli mantenne ancora per molto la sua reputazione di persona attenta all'eleganza ed la servizio, a tal punto che quando l'hotel venne colpito da una epidemia di Legionella nel 1976 egli ne restò molto addolorato per l'immagine che l'albergo veniva così a perdere.
 
Descritto come uno stacanovista, Di Vito era capace di restare sul lavoro per intere settimane e, durante il periodo natalizio lasciava l'albergo soltanto quando gli impegni sociali si diradavano. Per questo motivo sia la famiglia, sia gli amici si preoccupavano del momento in cui Di Vito fosse andato in pensione. Tale preoccupazione si dimostrò poi infondata in quanto il nostro, ormai anziano, si dedicò in maniera entusiastica a vari passatempi compresi il golf, la fotografia ed i viaggi.
Giramondo insaziabile, Di Vito ha viaggiato in ogni continente tranne l'Antartico (per ovvie ragioni) e l'Australia (a causa delle politiche di immigrazione di questo stato sfavorevoli agli italiani). Egli ha viaggiato solo su navi di linea di lusso, ma si è sempre mostrato subito amico di tutti i passeggeri suoi compagni di viaggio ed era il favorito tra le signore. Questi viaggi hanno ulteriormente arricchito la sua cultura di autodidatta impreziosendola di conoscenze di storia e di arte, ma anche di lingue straniere come il francese, lo spagnolo e il portoghese.
 
La vita privata di Di Vito non era purtroppo altrettanto fortunata. Aveva sposato Marian (discendente di una famiglia irlandese) ed ebbero due figli, John nel 1924 e, dieci anni più tardi Robert. Per il primo figlio Di Vito aveva in mente piani grandiosi: una carriera brillante alla Ivy League, ma John risultò essere afflitto da un grave disordine neurologico che ne impedì la sua crescita intellettiva, lo portò ad una serie di altre malattie che lo condussero ad una morte prematura all'età di solo cinquant'anni.John, sebbene sposato, non ebbe figli. Tutte le speranze di Di Vito si concentrarono quindi su Robert, il secondogenito, ma, come se la famiglia fosse stata colpita da una maledizione, Mariano subì la perdita del bambino quando quest'ultimo era ancora in tenera età a causa di una malattia fulminante. Di questa tragedia il padre inconsolabile accusò ingiustamente sua moglie da cui divorziò e che disprezzò per il resto dei suoi giorni. Da quel momento in poi egli rimase devoto a sua madre che visse con lui nella sua casa nella parte ovest di Filadelfia fino alla sua morte che avvenne all'età di quasi cento anni.
 
Privato degli affetti familiari, Di Vito abbracciò entusiasticamente la sua vasta rete di amici e parenti e spesso era presente ai loro festeggiamenti ed alle loro riunioni.Da tali riunioni nacque tutta una serie di aneddoti intorno al culto del Di Vito per l'ospitalità.
Mary Di Nubile racconta di avere una volta invitato l'ormai nonagenario Di Vito a unirsi alla sua famiglia per una cena in occasione del Giorno del Ringraziamento. Nonostante fosse stato invitato come ospite, Di Vito non poté astenersi dall'assumere il ruolo di maitre d'Hotel ed iniziò a servire piatti di portata, ad incidere la carne ed a versare il vino come aveva fatto per tanti anni quando era padrone del Bellevue Stratford.
Non è un'esagerazione vedere in questo impulso ad alimentare, intrattenere ed a provvedere ai bisogni sociali dei suoi ospiti - questo impulso a ospitare - la vera chiave della storia della vita di Mariano Di Vito. È questo ciò che lo collega alla sua cultura di origine, al suo innato senso dell'ospitalità ed è l'immagine della filantropia che caratterizzò i suoi anni successivi.
La leggendaria generosità di Di Vito, la sua necessità di dare, di condividere la sua ricchezza con altri e di adoperarsi per il prossimo, è la vocazione di un grande maestro di banchetto. Lo scopo del "viaggio" di Di Vito era quello di trasformare tutti gli altri in "ospiti di cena" al banchetto della sua vita, renderli commensali e partecipi della ricchezza che egli era in grado di accumulare non solo attraverso un duro lavoro, ma anche grazie ad un'esperienza ed un fascino straordinari.
 
Pat Maiocco, superbo narratore e cornucopia di racconti che rendono onore alla generosità del suo parente, riferisce numerosi aneddoti di un Di Vito anziano impaziente di elargire generosamente i suoi regali a chiunque fosse in difficoltà, tra cui un poliziotto camuffato da vagabondo, un ricco residente a Rittenhouse Square alla ricerca di qualcuno da spennare, una giovane donna rimasta senza soldi per il biglietto dell'autobus e sospettosa verso colui che voleva a tutti costi acquistarglielo.
Un'iniziativa che invece trovò subito il consenso immediato fu quella per la raccolta di fondi per la riparazione del tetto della chiesa di Fallo. Quando avvicinava i fallesi per raccogliere i fondi ed a cui chiedeva il contributo di 5, 10 o 15 dollari diceva "Aspetto di vedere quanto raccogliete, poi io coprirò la differenza.". L'assegno che infine egli firmò era per la somma non indifferente di 1500 dollari (considerando anche l'alto livello d'inflazione).
 
Se la figura del maestro di banchetto può essere ampliata da elargitore di cibi e bevande a dispensatore di sostegno finanziario, forse la sua più grande applicazione la si può trovare nel campo della cultura.
Nella tradizione classica e medioevale il convivio indica la partecipazione comune alla ricchezza intellettuale e artistica. Il testo dell'opera di Platone "Symposium" che vuol dire banchetto, fornisce la più ricca gamma di "pasti intellettuali" nella compartecipazione dei metodi filosofici sul tema dell'amore. L'ambiziosa esposizione erudita di Dante, Scholastic, era intitolata Convivio - ancora un banchetto - ed era il suo tentativo di organizzare le risorse intellettuali di una mente brillante ed enciclopedica.
 
Questa tradizione la ritroviamo proprio nel lascito finale di Di Vito all'University della Pennsylvania.
Il suo desiderio di fondare una cattedra in Studi d'Italiano per la diffusione della cultura di cui egli ebbe così profondamente cura, lo ha fatto maestro di banchetto in senso intellettuale e filosofico.Benché poco istruito, ma riccamente autodidatta, egli capì il valore della cultura e, nel suo solito modo, volle dare generosamente quella ricchezza ad altri.
È con questo spirito, quindi, che invito ognuno ad accettare l'invito ad essere compartecipi della ricchezza e della generosità della festa culturale italiana di Mariano Di Vito.
 
Millicent Marcus
Università della Pennsylvania
 
FINE
 
LO SPAZIO DI TUTTI