Interessantissimi questi stralci relativi ai giorni della settimana e tratti dal libro di "CREDENZE USI E COSTUMI ABRUZZESI" di Gennaro Finamore in cui si ritrovano molte delle credenze e degli usi pervenutici per via orale dai nonni e dalle persone più anziane di Fallo. In particolare è interessante la credenza legata al lunedì in cui pare non si possa fare il bucato se non a rischio della propria vita. Altrettanto singolare è quella legata al primo venerdì di marzo in cui si fa cagliare il formaggio da somministrare ai bambini per guarirli dalla diarrea. Ma non mancano neppure riferimenti a credenze legate ad altri giorni della settimana che certamente molti di noi, nati o cresciuti in paese, conoscono. Buona lettura!

I GIORNI DELLA SETTIMANA

A ciascun giorno della settimana fan capo alcune credenze, pratiche ed usi.

Di domenica, nessun lavoro si deve incominciare; e meno di tutti, il bucato. Nesciune stande n'n ahuardá', e ccénere ne' mmanijá'; perché: la duméneche, lu cchíú ppeccat' é ffa' la culate (Lanciano).
Una donna cominciò il bucato alla domenica. Morì di subito, lo stesso giorno. Ora, in quella casa, ogni notte riappare (arefiurisce) lo spirito della mala femmina, che fa tutti i servigi. La mattina, trovano i piatti lavati, la casa spazzata, tutto in assetto. Ma, per quanto avessero fatto, nessuno ha mai potuto veder niente; perché le persone di casa, proprio nel momento che quella va, sono prese da sonno irresistibile (Lanciano).

Il lunedì é dedicato a S. Antonio ed alle anime del Purgatorio.
Perché i calzolai non lavorano il lunedì, mentre non si fanno scrupolo di stare al bischetto la domenica? Perché S. Crispino, loro protettore, predisse che in un lunedì la volta di una calzoleria rovinerebbe (Lanciano).
Chi taglia le unghie il lunedì, non gli dorrà il capo. (Fara Filiorum Petri).

Marteddì (o Martreddì), é lu ggiorne de Carnevale (Lanciano). Qui, carnevale é sinonimo di libero. Si può fare qualunque operazione domestica o agricola, sia luna crescente o mancante.
Per questo, dicono anche: Lu Martreddì porte la mmanganze, come lu vernardì.
E: Lu Martreddì é lu méjje ggíórne de l'anne; inteso per l'agricoltura e per le faccende domestiche.

Mercurdì é sinonimo di juome de lu mercate, o de lu Carmene. In molti comuni, il mercoledì é effettivamente giorno di mercato - Mercurii dies -.

Per alcuni, il giorno di mezzo della settimana è giovedì; per altri, mercoledì: secondo che la settimana cominciano a contarla dal lunedì o dalla domenica.
Onde, per dire che una persona, o anche una cosa, é nel bel mezzo di altre, c'é il motto: Sta' (o: s'é mésse) gné ggiuveddì (o: gné mmercurdì) 'm mézz' a la settemane.

Come l'anno, così la settimana ha dei giorni infausti; e sono quelli con la r: Martedì, Mercoledì e Venerdì. Nei medesimi, il Signore Iddio provò la stanchezza nel creare il mondo, e li maledisse; per la qual cosa, non ci voleva altro perché siffatti giorni riuscissero nefasti per coloro che nascono, e per qualunque opera fatta nei medesimi (Torricella Peligna).

Ma, più degli altri, nefasto é il venerdì. Lu vennardì porte mmala pianéte. E, meno male che, in grazia dell'esser morto G. Cristo in tale giorno, questo non manchi di qualche lato buono.

Chi nasce di venerdì (o di martedì), sarà strega o stregone; se la levatrice non "marca" la creatura al piede o all'orecchio, sia pure con un ago, in modo che esca qualche lagrima di sangue (Fara Filiorum Petri).

La bambina che nasce di venerdì, sarà mala femmina (Atri) - sarà tribolata (Lanciano).

Se si fa allegria il venerdì, una disgrazia é imminente. La rise de lu vennardì, n'n arriv'a ssabbatì.

Di venerdì non si giuoca. Fu giuocata in tale giorno la veste di G. Cristo.

Chi s'ammala di venerdì é spacciato (Lanciano, Archi).

Non si dà principio a lavoro di sorta, che non possa compiersi nel giorno stesso. Non s'indossano per la prima volta abiti nuovi.

Chi cagne case lu vennardì, n'n arriv a lu luneddì (Lanciano).

Le donne non debbono pettinarsi. Molte si pettinano, anche a tarda ora, la sera del giovedì, per non averlo da fare nel dì seguente. Oltreché dalla tradizione religiosa, l'uso é consigliato dal timore di perdere i capelli (Atri, Pettorano).

E nemmeno s'hanno da tagliare le unghie.

É cosa rara che il cielo, di giorno o di notte non sia velato.
Se lu tembe s'acconge de vennardì, n'n arriv' a ssabbete.

Lu vennardì porte la mmanganze; ossia che le operazioni agrarie, come se fatte a luna scema, riescono ottime. E quindi seminare, spuntare le viti etc. Ma fanno eccezione i cetriuoli; i quali, spuntati di venerdì, verrebbero amari.

Il venerdì di marzo - e specialmente il primo - anziché infausti, hanno benefica influenza sulle azioni dell'uomo e sulla natura.


Ottimo farsi tosare dal barbiere. Basta tagliare anche pochi capelli, in croce. Il che preserva dal dolore di capo durante l'anno, e la capigliatura viene bella e forte.

Nel primo venerdì di marzo, per devozione, si mangiano i talli di ortica; i quali purificano il sangue; e si seminano legumi (specialmente i ceci), e zucche (Lanciano).

Nei venerdì dello stesso mese, si colgono e si immergono nell'olio le viole mammole; conservandosi poi quell'olio per i dolori di ventre e per le ferite (Fara Filiorum Petri).

Il cacio fatto il primo venerdì di marzo (lu casce marzole) ha virtù di preservare e di guarire dalla diarrea i bambini ai quali si fa mangiare.

Se tuona il primo venerdì di marzo, crepano le serpi sotto terra (Pescina).

Lu sabbet', é dde la Madonne.
Maje sabbete sénza sole; maje donne sénz'amore.
Ma' sabbete sénza sole; ma' menéstre sénza sale.

 
Tradizioni popolari abruzzesi